aprile

il blog di Madre

invecchiare male




cosa accomuna pino daniele e paul weller?

intanto due carriere lunghe e straordinarie. Piene di soddisfazioni e riconoscimenti sia di pubblico che di critica. Maestri riconosciuti e venerati.

L'altra cosa che li accomuna è che si sono entrambi irrimediabilmente rincoglioniti.

Non mi riferisco alla musica (che anche li ci sarebbe da dire..) ma a due interviste che ho letto a poca distanza l'una dall'altra e che dicono entrambe la stessa cosa.

In estrema sintesi: "i giovani d'oggi non sono fichi come eravamo noi" " non si scrivono più le belle canzoni di una volta" "non ci sono veri talenti in giro (sottinteso : fichi come noi)".

E' interessante perchè pur vivendo in due latitudini diversissime, appartenendo a due mondi anche musicali diversi entrambi cascano nelle classiche fregnacce da mezza età.

Il fenomeno mi affascina.

Quando eravamo ragazzi, noi degli anni 80, pensavamo che i "vecchi" fossero così rigidi, incapaci di capire perchè appunto provenivano da strutture sociali rigide, incapaci di capire. Eravamo convinti che la nostra generazione, e soprattutto quella degli anni '70 sarebbero state molto diverse, proprio per le possibilità avute, la generosità offerta da un mondo che cambiava. Eravamo persuasi che saremmo stati più in sintonia con il presente, che lo avremmo capito insomma, mentre si faceva.

Ecco perchè sentire due musicisti che hanno fatto un pò delle storia pop dei loro paesi, riempirsi la bocca di luoghi comuni che ascoltavamo dai nonni quando parlavano di claudio villa fa una grande tristezza.

Paul Weller se la prende con i ragazzi che non fanno politica e ripensa ai bei tempi andati delle battaglie contro la Tatcher. E di nuovo non capisce che Cafè Blue degli Style Council ha fatto molta più politica di mille minchiosissimi concerti "contro". Che la buona arte è buona politica, mentre la banalità è SEMPRE immorale ( e questa è di manuel agnelli).

Pino Daniele è anche peggio.... la sua intervista trasuda rancore, stizza, disgusto, boria. E dice, lo ripeto, immani cazzate... cose tipo "ormai sanremo è un programma pensato per la tv" (quando invece negli ottanta era TUTTO in playback no...) oppure "non vedo certo dei De gregori e Dei Fossati tra gli artisti di oggi".

Si capisce dall'intervista che Pino non cerca più, non ascolta più, non va alla caccia di musica diversa, che pure in italia esiste. E' pigro e presuntuoso come certi nonnetti che leggono Sorrisi e Canzoni, ascoltano radio deejay di sfuggita e dicono "ecco lo vedi che musica di merda c'è?"

E che ingratitudine poi. Criticare un mondo, quello della discografia italiana che ti ha portato a suonare negli stadi durante gli anni 90, mondo di cui solo adesso scopri le storture e le imperfezioni perchè le senti sulla pelle. E le canzoncine in italiano con Irene grandi? e le pop song sulle ragazzine in amore che ti portavano in cima alle classifiche? E andare a suonare dalla De FIlippi? Questo è cercare la qualità? Cercare il talento?

Il finale poi è un capolavoro. Dice più o meno " L'anno prossimo mi scadrà il contratto con una major. Non lo rinnoverò.. voglio avere le mani libere."

Bello questo trasformare un contratto per cui (sospetto) nessuno ti ha proposto un rinnovo, nelle famose "scelte di vita".

Penso a come sarebbe stato più bello se un artista del genere (l'ho amato ed è stato geniale) avesse deciso per la generosità invece che per la malinconia rancorosa... magari facendosi mentore per artisti interessanti e nuovi. Aiutando la scena indipendente ad essere più ascoltata, mettendo a disposizione il suo sapere e, perchè no, i suoi soldi... che bel finale di carriera vero?

Invece no.

Preferisce atteggiarsi a principe del buon gusto in esilio.

Non ha l'onestà intellettuale di dire che è lui a non capire più i tempi.

Preferisce dire che sono i tempi, a non capire più lui.









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è una moda, una cosa di nicchia... vedrai.




me li ricordo i discografici italiani quando si parlava di i tunes store..
trend maker come sempre.
in anticipo sui temi, con una visione.
bravi davvero.





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un piccolo passo per l'uomo



di recente ho riascoltato questo disco. armstrong, degli scisma.
gli scisma sono stato il primo gruppo di paolo benvegnù e guardando la data mi sono accorto che ha già 10 anni. compiuti nel 2009.
l'ho riascoltato tutto e sono rimasto di nuovo sbalordito.
sbalordito dalla sua attualità sonora ancora intatta, di quanto fosse un disco in anticipo sui tempi, nella sua capacità di destrutturare le canzoni lasciandole comunque emozionanti e intense. nell'intelligenza dei testi, che allora avevano una vena più graffiante e sarcastica ed oggi si sono invece addolciti nell'amore e nella malinconia di un paolo oggi 40enne.
un disco registrato in una casa sul lago di garda, in cui si sente tutto l'amore, la dedizione a cercare il proprio suono, la propria cifra stilistica. E soprattutto il tempo. il lungo tempo impiegato a costruirlo, tempo che è tutto tra i solchi del disco e che gli ha permesso di invecchiare così bene.
un brano su tutti, good morning, che è una delle canzone più struggenti e profonde che la scena indie italiana abbia mai partorito nei 90.
E poi tungsteno, bellissima scossa elettrica di cui abbiamo linkato il video.
Credo sia un disco che ha fatto la storia della scena indipendente italiana e sono sicuro che la sua importanza crescerà negli anni, fino a dargli il posto che si merita, accanto ad altri mostri sacri.
noi cominciamo ad onorarlo adesso e qui.

"poi soddisfare ogni tuo desiderio profondo e sincero
per giurare che è vero
che la luce è nascosta nell’ombra
e che l’ombra riflette davvero
e che il solo rimpianto è svegliarsi"

good morning_scisma.















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quando non sai cosa stampare. stampa la leggenda




la citazione del titolo è una frase di john ford.
John ford è un regista che ha inventato il west. letteralmente. Se vedete le immagini vere dell'ovest americano sono di uno squallore disperante.
Pistoleri con i pantaloni ascellari come fantozzi, i baffi a manubrio alla de amicis e lo sguardo vacuo di chi non sa nemmeno cosa ci fa al mondo. Le immagini vere di billy il kid sono desolanti. Un ragazzetto brufoloso con la faccia da stronzetto di periferia. Il punto però è che billy il kid non è quello. Billy il kid è marlon brando, ovviamente.

Insomma ford diceva che tra una storia inventate e bellissima sulla frontiera ed una vera e tristerrima lui non aveva dubbi. sulla pellicola avrebbe "stampato" la leggenda.
Ecco questa lunga premessa per dire che probabilmente i discografici italiani sono tutti fan di john ford.
Si perchè solo così si spiegano 3 dischi 3.
IL primo (primo, insomma, prima del primo) è quello di Matteo Becucci vincitore dell' x factor 2009. IL secondo quello di Francesco Renga. IL terzo il singolo di vasco rossi.

Matteo Beccucci.
Dopo un anno di spasmodica atttesa esce con un disco di... cover.
DI cover si. Dopo che l’estate scorsa le radio hanno dovuto mandare in airplay il suo primo patetico singolo inedito, una specie di mix tra gli U2 delgi anni 80 con i testi di federico moccia, i discografici non lo hanno avuto il cuore di fare un intero disco così.
Come potevano?
hanno quindi optato per un intero album di cover internazionali di cui matteo (o chi per lui) ha scritto dei testi in italiano.
L'operazione è ascoltabile in tutta la sua sconcezza su i tunes, e vi assicuro che i 30 secondi per brano bastano e avanzano.
Insomma tra la realt e la leggenda i discografici hanno preferito la leggenda.
Perchè matteo evidenzia un limite (IL LIMITE) di x factor.
X factor è un luogo di grandi interpreti ma NON di grandi autori. E quando i suddetti tirano fuori dal cassettino le canzoncine degli annetti passati ecco che capiamo perchè matteo ha veleggiato in un tranquillo anonimato per 36 anni.
perchè le canzoni fanno cacare.
certo si poteva mettergli intorno un team di autori veri, si poteva tirare fuori delle canzoni dalla rete ( myspace per esempio) insomma trovare pezzi di qualità per una voce di qualità.
Ma poteva avere lontanamente l'aria di un operazione innovativa. e quindi meglio non rischiare, stampare la leggenda e fare cantare a becucci "fuoco nel cuore" al posto di smoke on the water.
complimenti matteo. Sei già nella melma delle operazioni di marketing. solo che una volta ci si rassegnava a queste cosette a fine carriera, quando non ti viene una canzone a moriammazzato, tu lo hai fatto al primo disco.
la voragine della irrilevanza è li davanti che ti aspetta.
"è strano il sapore che riesci a sentire" vero?

francesco renga.
alla fine mi è simpatico. E' un guascone che ha fatto una paurosa gavetta con i timoria,
lo ricordo in certi improbabili concerti anni '80 in cui "la scena" era da la da venire e si suonava per pochi intimi.
Ha trovato un suo suono e un suo songwriting e centrato almeno un paio di bei singoli in passato.
Ha scritto persino un libro, ma ha avuto la simpatia di vergognarsene pubblicamente in un intervista su vanity fair.
SI proclama anche di destra senza esitazioni, e in fin dei conti gli va dato atto che dice quello che pensa.
Tranne che sulla musica.
ferro e cartone, l'ultimo di inediti è andato peggio del disco precedente.
la romanza di sanremo è passata inosservata (troppo melensa anche per quel pubblico)
non si può sbagliare il colpo e il natale è alle porte.
Che fare?
UN bel disco di cover anni 70 (che originalità!) in cui sparare la propria voce in libertà.
lui la vende come il ricordo di certe cose che sentiva sua madre alla radio. Io la vedo con l'onda lunghissima che da vari anni riscopre e saccheggia il ricchissimo catalogo dei veri autori anni '70 (perchè li le canzoni le si sapeva scrivere).
Lo hanno fatto Giorgia e Irene Grandi e molti altri.
Va bene così.
Si guadagnano un paio di annetti per scrivere un buon disco e si rimane sul mercato.
Diciamo un periodo di transizione. diciamo. E non c'è migliore transizione di una vecchia canzone di mina.


Vasco Rossi canta creep dei radiohead in italiano....
cosa possiamo dire?
Vasco è stato importante. ha sdoganato il "fattismo" e l'attitudine rock and roll in un paese che negli anni 80 era la bivio tra mutazione antropologica, secondo boom, deriva televisivo/pubblicitaria.
Ha contribuito-e tanto- a cambiare la morale italiana, quanto Renato Zero a mutare quella sessuale.
Ora è una specie di ENI del disco. Una multinazionale che deve generare un paio di milioni di euro di ricavi all'anno per mantenere strutture, manager uffici, turnisti, uffici stampa.
Sarebbe bello che con un colpo d'ala decidesse di licenziare tutti e uscire con il suo "nebraska". Sono sicuro che troverebbe le energie per un disco dignitoso. Perchè penso che nella nebbia delle sue lucky strike lui sia ancora e nonostante tutto un autore.
In qualche intervista ha provato a buttarla li, ad esprimere un certo desiderio di downsizing.. ma credo che non possa. E' schiavo del gigantismo che lui stesso ha creato.
Ciò nonostante mi sembra meno colpevole di altri. HA scritto almeno 3 o 4 inni definitivi della canzone italiana ed è meno borioso di Dalla (che si atteggia a Verdi bolognese) e non i fa i lifting di baglioni, che ormai sembra ivana trump.
GLi serviva il singolone per continuar e a sembrare rock e da stadio.
Si è preso creep. Ancora una leggenda al posto della realtà.

John Ford si definì sempre un artigiano del cinema.
vi consiglio di vedere sentieri selvaggi. Capirete cosa intendesse.











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altri tempi altre tv

Rai uno.
Il bianco e nero. Un direttore d'orchestra in Smoking.
pubblico in abito lungo.
Un sabato sera probabilmente.
Ed ecco i New trolls che suonano il concerto grosso delle orme.
Una suite tra morricone e il folk, in inglese per di più....
5 minuti duri, applausi a scena aperta. I capelloni che si impadroniscono di studio uno.
Sarà passatismo, sarà snobismo. Ma vedere questa saldatura tra la trasmissione più ingessata delle rai d'epoca
e gli esperimenti progressive più importanti dell'Italia d'allora.
E tutto con questa naturalezza, ma anche con rigore. Come se per la RAI, anche quella dell'intrattenimento, del disimpegno, informare, divulgare la nuova musica italiana fosse un... non mi viene altra parola: un dovere.
Ecco davvero altri tempi ed altre tv.
E pazienza se vedevamo qualche culo in meno.



a rivederla

Sono nata il ventuno a primavera
ma non sapevo che nascere folle,
aprire le zolle
potesse scatenar tempesta.

Così Proserpina lieve
vede piovere sulle erbe,
sui grossi frumenti gentili
e piange sempre la sera.
Forse è la sua preghiera.

alda merini







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